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Dovevano essere in servizio, ma secondo la Procura di Torino almeno otto poliziotti, tra l’inverno e l’estate del 2024, avrebbero svolto attività private durante l’orario di lavoro. Tinteggiature, lavori di giardinaggio, smaltimento di rifiuti in discarica: mansioni che nulla avevano a che fare con il loro incarico istituzionale e che, in alcuni casi, si sarebbero trasformate in veri e propri impieghi in nero. A condurre l’indagine è stato il sostituto procuratore Giovanni Caspani, che nei giorni scorsi ha chiuso il fascicolo a loro carico.
Le accuse
Il procedimento ipotizza quattro reati a vario titolo: falso, false attestazioni, truffa e peculato. Per il momento gli agenti restano in servizio, poiché non risulta alcuna sospensione formale. Difesi dagli avvocati Cesare Carnevale Schianca, Mariangela Melliti, Federica Cicciotti, Christian Maria Rossi, Fedriano Sanneris, Emanuele Cavallo ed Elisa Bonaudo, potranno chiedere di fornire la propria versione dei fatti prima che la procura decida se chiedere o meno il rinvio a giudizio.
Presenze false e doppi lavori
Secondo le contestazioni, alcuni agenti avrebbero attestato falsamente la propria presenza in servizio almeno in tre giornate, salvo poi allontanarsi dalla caserma per occuparsi di faccende private. In quei giorni, però, lo stipendio veniva comunque regolarmente percepito.
In altre occasioni, sarebbero stati utilizzati i furgoni della Polizia di Stato per attività del tutto estranee ai compiti istituzionali: trasportare materiali in discarica, imbiancare appartamenti, sistemare giardini. In alcune circostanze, questi lavori sarebbero stati retribuiti “in nero”, trasformandosi in una vera e propria seconda occupazione.
Le prove raccolte
Gli inquirenti hanno documentato le irregolarità con foto e video ritenuti compromettenti. A novembre 2024 erano state eseguite perquisizioni nelle abitazioni di alcuni indagati, da cui erano stati sequestrati cellulari, documenti e altri materiali utili alle indagini.
Prossime mosse
Con la chiusura delle indagini preliminari, si apre ora la fase delle difese. Gli agenti potranno presentare memorie o chiedere di essere interrogati, cercando di chiarire le accuse. Solo dopo queste eventuali audizioni, la procura deciderà se formalizzare la richiesta di rinvio a giudizio.
Se le contestazioni dovessero essere confermate, i poliziotti coinvolti rischierebbero non solo il processo, ma anche conseguenze disciplinari sul piano professionale.